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Per guardare davvero un quadro, dovremmo poterlo guardare da addormentati...
Georges Didi-Huberman, La conoscenza accidentale

La notte dei generali è un film diretto da Anatole Litvak e tratto dall’omonimo romanzo di Hans Helmut Kirst. Si narrano le vicende di un ufficiale nazista e di un’indagine di polizia prolungatasi molti anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. A Parigi, durante l’occupazione, il generale Tanz, interpretato da Peter O’Toole, visita un museo. A un certo punto entra in una stanza piantonata da un soldato, nella quale è custodita una serie di opere impressioniste, esempi di “arte degenerata”, e si ritrova dinanzi al quadro “Vincent in fiamme”: un autoritratto realizzato da Van Gogh in manicomio poco prima di morire. Gli occhi del generale s’inabissano nello sguardo penetrante del ritratto in un vertiginoso gioco di specchi. Tanz è paralizzato, suda freddo, si porta una mano alla fronte. Forse in preda a un attacco di panico, ha le vertigini, comincia a tremare, è sul punto di accasciarsi…

Che cosa accadrebbe se portassimo la “cecità” nel cuore della storia dell’arte? L’incontro con un’opera d’arte produce una ferita. Nel visibile si apre una breccia e l’opera comincia a parlarci dal suo rovescio cieco. L’esperienza artistica oltre lo specchio.