L'invenzione del buio

Pierangelo Di Vittorio/Action30, Discipula, L’invenzione del buio, progetto grafico di V. Battista, Edizioni Off the archive, Altamura 2019.

In un futuro imprecisato, sullo sfondo di una catastrofe cosmica, un alieno e un umano si incontrano sulla Terra trasformata in un enorme archivio a cielo aperto. I due intraprendono un viaggio iniziatico e salvifico, nel quale sarà decisivo il rapporto con il passato, inteso, non come museo, ma come ricettacolo informe di un “possibile” non ancora realizzato e di cui il presente possiede la chiave.  

Esito di una residenza d’artista promossa da Of(f) the Archive nel 2018, nella quale Di Vittorio/Action30 e Marco Paltrinieri / Discipula sono stati invitati a lavorare su materiale conservato nella fototeca della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bari, L’invenzione del buio è un libro dove testo e immagini si inseguono e si intrecciano nella creazione di un racconto, in cui i confini tra ricerca documentaria, speculazione teorica e finzione sembrano dissolversi gli uni negli altri. 

 

Tra richiami a fantascienza e surrealismo, L’invenzione del buio prova a dare forma a un’idea di archivio considerato come campo di possibilità e strumento attraverso cui mettere in discussione le abitudini di pensiero e stimolare la creatività. In tal modo, restituisce al lettore un prisma di tematiche che, attraversando la riflessione sull’archivio stesso, sembrano condurre molto oltre: dall’oscillazione della natura umana tra ordine e caos, all’eterno susseguirsi di civiltà e barbarie, passando per i limiti dell’umana conoscenza rispetto alla complessità cosmica nella quale siamo immersi.

Il progetto si è concluso con la mostra omonima, a cura della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bari in collaborazione con l’Associazione culturale Of(f) the archive: Palazzo Simi, Bari, 15 dicembre 2019-15 marzo 2020.

 

Io – Che cosa c’è lì?
Lui – Dove?
Io – Accanto a te. Lo stai accarezzando, credo. Ormai è quasi notte, non vedo bene.
Lui – Ah, ti riferisci a questo. Fantastico! Mi piace il verde acre della mentuccia calpestata che salta fuori da
questi tappeti dolciastri di escrementi. Si leva a tratti, con pungente intensità, quando infili la mano nella superficie setosa. Così, vedi? E poi mi piace soprattutto quando si sfrega addosso lasciando sulla pelle ruvide tracce appiccicose di lumaca. Come adesso, vedi? Mi fa compagnia. E anche un po’ di tenerezza.

Io – Ma è una capretta! Ti stai facendo leccare da una capra selvatica. Dove l’hai scovata?

Lui – Non so. È venuta lei.
Io – Scusa, non ce la faccio più con questa benda. Noto che l’hai tolta anche tu. Fammi capire: in conclusione, vedi o non vedi?
Lui – Non saprei dirti di preciso. Credo di vedere in modo diverso.
Io – Vedi di più o di meno?
Lui – Non ti ho raccontato tutta la storia. Il mio apparato sensoriale era già alterato quando mi sono messo in viaggio verso la Terra. Inoltre non è un problema che riguarda solo me. Dopo la Grande Catastrofe c’è stata una mutazione che ha interessato intere generazioni. Non entro nel merito degli elementi tecnici. Non capiresti. E poi non è l’aspetto decisivo. Sono gli effetti che ci interessano. Noi la chiamiamo volgarmente roulette sensoriale.

Io – Tipo gioco d’azzardo? Roulette russa?

Lui – L’idea è quella. Bisogna partire dal presupposto che non c’è più un senso predominante che organizza in modo gerarchico il rapporto tra i vari sensi, offrendo un piano preformato di risposte agli stimoli esterni. Diciamo che ogni stimolo è come una pallina che rotolando innesca ogni volta un determinato concatenamento sensoriale. Questo permette ovviamente di essere più in sintonia con quello che ci circonda. Nell’interazione con l’ambiente si sviluppa un nuovo regime sensoriale. Più dinamico e complesso, pieno di sfumature inedite. Per esempio non esiste il tatto, bensì una gamma di tatti diversi, nati dall’incontro tra i singoli stimoli e i concatenamenti sensoriali cui danno luogo.

Io – Ho notato che usi abbastanza il tatto.
Lui – In parte sì, hai ragione. È vero. Ma tieni conto che quando parlo di tatto, o di olfatto, semplifico molto. Uso questi termini in modo convenzionale. Per farmi comprendere.

Io – E questa storia degli occhi? Non ho ancora capito se ci vedi o no…

Lui – In realtà hai capito benissimo. Il problema sta tutto qui. La nostra civiltà era fondata sulla vista, un po’ come la vostra d’altronde. Ci sono ancora umani convinti che gli occhi siano lo specchio dell’anima? La prova che l’uomo è stato creato da Dio?

Io – Penso di sì.
Lui – Tuttavia, nel nostro caso, le reiterate nozze tra i supporti biologici e le tecnologie convergenti hanno finito per oltrepassare il limite producendo risultati inimmaginabili. Di nuovo è difficile da spiegare. Giusto per farti capire: per noi la vista non era più un semplice organo percettivo. Produceva le forme nel momento stesso in cui le percepiva. Tipo le vostre stampanti 3D. Così era diventata un apparato autonomo e si era messa a rivaleggiare con le reti neurali. Una specie di cervello-vista plasmava la realtà, come uno scultore invisibile, e la realtà che ne scaturiva era fortemente tipizzata. Tutto quello che non corrispondeva agli standard formali era escluso. Abbiamo esagerato. Credo che la relativa cecità di cui oggi soffriamo, sia un’oscura strategia di sopravvivenza. Un’intuizione che a un certo punto si è fatta largo tra intrichi di cellule, nanochip e protesi cibernetiche.

L'ALTRA PARTE

Scritto e registrato nella primavera del 2020, “L’Altra Parte” è il frutto della collaborazione tra Marco Paltrinieri e Pierangelo Di Vittorio, cominciata con L’invenzione del buio, di cui questa ricerca sviluppa alcuni temi, come la catastrofe e il rapporto tra visibile e invisibile.

Intitolato come il libro del 1908 di Alfred Kubin, “L’Altra Parte” è un pezzo lentamente avvolgente in cui voci disincarnate, ronzii respiratori e un intero ecosistema di suoni trovati e manipolati punteggiano la voce narrante. Silenziosa ma inquietante, la voce di Lucie Page racconta un’esperienza di perdita e metamorfosi, descrivendo la morte e la rinascita di un’intera specie.

Scritto, registrato e mixato da Marco Paltrinieri a Chalap, Francia

Testo di Pierangelo Di Vittorio

Voce di Lucie Page

Masterizzato da Nicola Ratti

Opera di Andrea Paltrinieri Page