Ci sono ma non si vedono

Dopo la celebre burla radiofonica orchestrata da Orson Wells sulla rete CBS nel 1938, lo sbarco degli alieni è diventato un luogo comune. Ma cosa accadrebbe se gli alieni fossero invisibili?

Sono ovunque, ma la loro presenza è senza forma. Non si scorgono le loro figure, non vi è traccia delle navicelle da cui sono sbarcati. Non resta che chiudere gli occhi per provare a raggiungerli altrove. Nel regno dell’invisibile.

Non potendo dare nulla per scontato, siamo costretti ad attraversare lo specchio per inoltrarci nell’ignoto. Sappiamo che gli alieni ci sono, ma siccome non li vediamo, né sappiamo nulla di loro, non possiamo fare altro che immaginarli e metterci nei loro panni, cioè immaginare come essi pensino e percepiscano le cose. In questo modo, attraverso una sorta di inversione a “U”, ci addentriamo nel nostro spazio interiore: l’Inner Space esplorato da James G. Ballard nei suoi romanzi. Diventiamo così anche noi alieni, acquistando la possibilità di riscoprire, di reinventare noi stessi e il mondo che ci circonda.

L’unico vero pianeta alieno è la Terra.

James G. Ballard

L’alieno è la metafora dell’altro, del diverso. Lo spazio sociale è sempre abitato da “alieni”: tutti quelli che identifichiamo come estranei, strani, mostruosi, minacciosi. La stigmatizzazione consiste nel marchiare l’altro come alieno, facendone l’unico depositario di una diversità connotata negativamente. Gli alieni sociali sono l’estrema garanzia della nostra normalità.

Da vicino siamo tutti alieni!

L’invisibilità degli alieni è anche un modo per disinnescare le etichette che proiettiamo sugli altri, facendoci carico della “nostra” diversità. Solo se riusciremo ad accettare l’altro che è in noi, sarà possibile costruire un legame sociale più ampio, ricco e intenso.

Se io potessi essere te, se tu potessi essere me
Per un'ora soltanto
Se potessimo trovare un modo per entrare nella mente dell'altro
Se potessi vederti attraverso i miei occhi
Piuttosto che attraverso il tuo ego
Credo che saresti sorpreso di vedere
Che sei stato cieco
Percorri un miglio con le mie scarpe
Sì, prima di abusare, criticare e accusare
Percorri un miglio con le mie scarpe
Ora ci sono persone nelle riserve
E nel ghetto
E fratello, lì...

Joe South, Walk A Mile In My Shoes, 1970

Il progetto, ideato da Pierangelo Di Vittorio e Giuseppe Santoro, è stato realizzato per la prima volta nell’ambito del Project Work di comunicazione sociale di IdeAcademy Bari, ed è sfociato nella docufiction Ci sono ma non si vedono. Reimagining Bari. 

Alien Road è anche un progetto transmediale: grazie alla musica di Marco Paltrinieri e all’interpretazione di Caterina Luciani, il testo di Pierangelo Di Vittorio è diventato un radiodramma.